Stramaccioni non dimentica. Nessuno dimentica. Perché non si può proprio scordare quel 25 marzo 2012. La fine di una storia, l’inizio di un’avventura. Andrea da Roma, quel giorno non così lontano, rese grande i suoi giovani portandoli a trionfare in quel di Londra, sconfiggendo l’Ajax ai rigori. I nerazzurri si laurearono campioni della Next Generation Series, alzando quella coppa che mai nessuno aveva alzato prima.
Moratti c’era. Moratti osservava. Quello stesso giorno, a circa 1230 kilometri di distanza, i vecchi senatori cadevano in una partita in cui precipitare era vietato.
Ranieri non riuscì a imprimere la carica giusta e il risultato fu scontato: Caceres e Del Piero fecero esplodere lo Juventus Stadium e l’Inter fu sconfitta. Moratti non c’era. Moratti era stufo.
Il giorno dopo, come per magia, tutto cambiò. Via Ranieri, dentro quello Stramaccioni ai più ancora sconosciuto. Dal primo giorno, Andrea non smise mai di elogiare i suoi enfant prodige, giurando e promettendo che nella sua Inter avrebbero trovato spazio, per quanto possibile. Non si era ancora accorto di come ogni partita, in una grande squadra, fosse come una battaglia, in cui sconti agli avversari non sono proprio ammessi.
Quindi bisognava sfruttare le partite giuste, le occasioni perfette: l’Europa League.
Una competizione importante, ma non certo prestigiosa come la Champions; in più, se ci aggiungete che i nerazzurri erano già qualificati e già sicuri del secondo posto, beh, Strama proprio non poteva schierare i suoi piccoli beniamini. Non è andata male, non è andata così bene. Anche e il 2-2 contro il Neftchi è menzognero e non racconta la vera storia di un match dominato dal team italiano, resta negativa l’impresa di aver subito due reti dagli azeri.
Cinque undicesimi dei giocatori scesi in campo ieri sono nati prima del 1993, classe davvero giovane. Ma procediamo con calma. Romanò, capitano della primavera nato a Como diciannove anni fa, è stato probabilmente il giovane più deludente nel match di ieri sera. Entrato in campo con troppa agitazione ed eccessiva foga, il direttore di gara l’ha graziato più volte, fino a estrarre il cartellino giallo. Poca geometria e tante imprecisioni ma ovviamente non è una bocciatura. L’emozione e la tensione hanno giocato brutti scherzi, ma tranquilli: non c’è nulla di più normale. I sentimenti, invece, hanno influenzato poco le partite di Benassi e di Pasa. Una sicurezza quasi mostruosa quella dei due ragazzi del ’94. Il primo è stato indubbiamente il migliore in mezzo al campo dove è riuscito a regalare palloni e a non commettere troppe imprecisioni. Il secondo, che tutto dimostra tranne i diciotto anni, si è mostrato come il più duttile. Simone, infatti, in primavera gioca spesso come difensore centrale ma non ha problemi ad avanzare in mezzo al campo per ricoprire il duro lavoro del mediano oppure, come ieri, a spostarsi sulla fascia e imprimere velocità al gioco.
Venendo al reparto offensivo, solo buone nuove. Marko Livaja non è più un mistero: solo il tempo e le prestazioni potranno forgiare il croato che ha uno score davvero impressionante. Quattro gol segnati in sei partite, cinque se ci aggiungiamo quello annullato ingiustamente sul suo tiraccio. Infine, signori e signore vi presento Luca Garritano, nato a Cosenza l’11 febbraio del 1994. Il numero 61 dei nerazzurri ha mostrato grande grinta e una velocità invidiabile. Per fortuna o meno, poi, è riuscito anche a entrare nell’azione del vantaggio, servendo quel velo-assist per Livaja. In panchina sono rimasti Belloni, Donkor e Terrani, altri due ragazzi molto promettenti che il tecnico amato da Moratti avrà certamente modo di schierare nel futuro prossimo.
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