“SAMBA”. ECCO IL RACCONTO DI ATTILIO ANDRIOLO


Salvino Cavallaro - Nel
calcio ci sono storie di vita che fanno riflettere come mondi apparentemente
edulcorati di esteriorità, ricchezza e notorietà, siano in realtà ammantati di una
umanità capace di colpire la sensibilità di scrittori e di lettori che ne
fruiscono la lettura. E’ la letteratura che racconta la vita attraverso tematiche
sociali che fanno parte dell’uomo, inteso in tutte le sue forme più
esplicative. Attilio Andriolo,
medico chirurgo di professione, appassionato di calcio con la predilezione di scrivere
poesie e racconti, nel realizzare questa sua narrazione intitolata “Samba” – che è stata insignita del
Premio Letterario Città di Sarzana 2020, organizzato dall’Associazione
Culturale Poeti solo Poeti Poeti, ha colto l’essenza umana di uno sport, il
calcio nella fattispecie, che meglio di ogni altro si distingue per umano
sentire nello spirito di gruppo. Ebbene, in questo suo racconto scritto durante
un ritiro estivo di calcio a Norcia (PG), al seguito come medico della squadra
della città in cui vive – Milazzo (ME) – si è imbattuto in un’esperienza umana
che ha saputo narrare con uno stile di particolare minuziosità dei fatti
vissuti, che hanno colpito la sua sensibilità. Ecco, crediamo proprio che lo
sfondo sociale e la storia di questo ragazzo dal nome Samba che tenta la strada del sogno del pallone inteso come vita
migliore, sia il fulcro di una storia che non vi anticipiamo per ovvie ragioni,
ma che leggendola assaporerete gli sviluppi umani i quali in alcuni momenti appaiono
pure struggenti. Situazioni che non possono non portare alla sintesi delle tematiche
sociali riferite agli sbarchi dei migranti nel nostro Paese. Un tema che lo
scrittore non tratta chiaramente nella sua problematica, ma che si materializza
sullo sfondo di una umanizzazione di rapporti tra ragazzi provenienti da più
parti d’Italia e del mondo, in cui il rincorrere del pallone si manifesta
attraverso il sogno di diventare calciatore di professione per raggiungere una
vita migliore. Tra speranze e delusioni, è la vita che fa diventare uomini i
ragazzi come Samba. Ad Attilio Andriolo il merito di averci fatto riflettere.
SAMBA.
Il calcio non è quel mondo dorato
che può apparire dall’esterno ad un lettore poco interessato. E questa storia, un
po’ inventata, è stata scritta affinchè tutti coloro che amano questo sport, imparino
a rispettare oltre le regole anche i
sentimenti di tutti quei ragazzi che a questo sport affidano le loro
speranze e quei sogni,che magari in
pochi giorni potrebbero veder svanire.
Ogni anno ad inizio stagione si
parte in ritiro,tutti insieme: giocatori,allenatori,dirigenti;sembra una
rimpatriata fra vecchi compagni di scuola, ma in effetti non lo è perché in
gran parte non ci si conosce. E così dopo i convenevoli di rito, ad ognuno
viene assegnata una camera da condividere con un altro ragazzo che non hai mai
visto prima. Speri tanto di andarci d’accordo,scambi le prime battute e magari
ti accorgi che alla fine ti è andata bene:pensi che puoi fartelo amico, in
fondo è sincero, lo capisci dallo
sguardo, dall’espressione del suo viso, dalle premure che ti rivolge, anche se
in fondo non sei tanto più grande di lui. Peccato che giochi anche lui,lì in avanti
come te;quindi può diventare un concorrente temibile per una maglia. Ma non ci
pensi più di tanto ,c’è posto per entrambi….forse, chissà. Tu lo speri perché
credi di aver trovato l’amico, più che il compagno di squadra, con cui dividerai
la camera quando si andrà in trasferta;magari potrai rivelargli qualche tuo
segreto che non hai mai avuto il coraggio di dire ai tuoi, confidare i timori prima della partita,confessare gli
innamoramenti o le tue delusioni in amore.
Quest’anno siamo in tanti,più del
doppio; ci sarà da impegnarsi e soffrire
per convincere il mister a tenerci in squadra. Ogni giorno ci ritroviamo
a tavola con qualche sedia vuota : è quella di chi ha già avuto il responso che
è sempre lo stesso: ”Non rientri nei
piani della società”. Più che un responso,suona come una sentenza di condanna.
Il ragazzo che l’ha ricevuta sale in camera con gli occhi abbassati,in silenzio
passa davanti ai compagni con cui ha rincorso quel maledetto pallone fino a
qualche ora prima;prepara le sue cose che stavolta mette alla rinfusa,
spiegazzandole con rabbia in fondo alla valigia e va via di corsa con un cenno di saluto a chi è
rimasto, per non perdere l’ultima corsa di autobus, dice scusandosi, ma la
verità la conosciamo tutti: ce l’ha con noi in quel momento e non gli va giù
che noi si resti mentre lui è costretto ad
andare via.
Tornare a casa è ciò che gli
importa più di ogni altra cosa: lì potrà sfogare la sua rabbia per poi
ripartire e sperare in attesa di una nuova chiamata.
Ma io come mi comporterò quando
toccherà a me? E se invece toccasse al mio amico? Uno dei due là in attacco è
di troppo,così ci hanno fatto capire. Domani forse si decide. Il mister ha
combinato un’amichevole con una selezione di giovani del posto. La notte prima,sdraiati sul
lettino, non ci andava di scherzare come le altre sere; questa è la sera prima
degli esami: non si dorme e si sta a guardare il soffitto, mentre le nostre
palpebre reclamano un po’ di riposo. “Ma
che calcio è mai questo?”, pensiamo
entrambi. No, non è quello che noi tutti,fin da quando iniziamo a giocare nei campionati
minori,sogniamo. E’ un calcio crudele che mette a dura prova anche i sentimenti
più profondi dell’animo umano:l’amicizia,la solidarietà,la gioia di diventare
complici,di provare le stesse emozioni; quelle di due ragazzi che lontani da
casa e dalla famiglia hanno ritrovato in quel posto così lontano e così anonimo
il calore dell’amicizia, che il calcio, questo maledetto calcio,vorrebbe
spegnere.
Si fa presto mattina in questa
cittadina sonnecchiante nella sua vallata; la nostra camera s’illumina con i
primi tiepidi raggi del sole; i nostri sguardi finalmente si possono incrociare:
è un attimo,ma tanto basta per spingerci l’uno fra le braccia dell’altro. Non è
possibile che questo “maledetto” calcio rovini un’amicizia così vera, forte, genuina,
senza ombre o verità nascoste per
macchiarla. Ma il patto è siglato e suggellato con quel giuramento degli scout, a cui
entrambi terremo fede per la vita.
Arriva la partita .Il mister ci
fa giocare entrambi dall’inizio,ma è pronto a sostituire uno dei due non appena
si sarà fatto le sue convinzioni. Lui è il giudice; l’unica legge che conosce è
quella del calcio: fai gol e potrai continuare a sognare! I minuti scorrono e noi cominciamo ad ubriacare gli avversari
con le nostre serpentine,ci passiamo la palla in velocità, scattiamo e andiamo
in rete prima io e poi lui,il mio grande ed inseparabile amico. Non c’è differenza fra noi : gol,gol e poi
ancora gol!!!
Chissà come farà il mister adesso
a condannare uno dei due. La partita finisce con i nostri giovani avversari frastornati dalle
nostre giocate che ci fanno i
complimenti. Che bello però sotto la doccia scherzare e urlare di felicità.
All’improvviso cala il silenzio nello stanzone, entra il mister ed emette la
sentenza: “Voi due” – dice rivolgendosi a noi – “potete restare: siete una coppia formidabile ma la società ha bisogno di
ridurre l’organico, per cui ho deciso di mandare via Samba”, un centrale
senegalese che in quei giorni in verità aveva parlato molto poco e se ne era
stato seduto in un angolo dello spogliatoio,sempre quello,isolato da tutti fin
dall’inizio senza alcun apparente motivo . Sembra strano, ma forse ci siamo
accorti di lui soltanto adesso che in fondo aveva preso il posto di uno di noi.
No, davvero, il calcio non è il
mondo dorato che avevamo sognato. Lo abbiamo capito scrutando negli occhi di
Samba: strano questo nome che richiama balli di allegria e musiche a ritmi
sfrenati, ma che adesso fa da terribile contrasto con lo sguardo triste di un
giovane di colore che ha subito forse l’ennesima ingiustizia. Al ritorno in
albergo, mentre lo salutiamo senza nascondere qualche lacrima sincera, Samba ci sorride e ci prega di non
avere alcun rimorso per lui. “Tornerò a
Rimini a vendere le mie collanine sul lungomare; si guadagna bene,sapete. La
mia partita l’ho già vinta il giorno che mi avete ospitato nella vostra terra
ed il mio gol l’ho segnato oggi, perché
con il mio sacrificio ho salvato la vostra amicizia e,forse, di quel sogno nel
pallone che voi avete nel cassetto. Per un pezzetto ricordatevi che appartiene
anche a un uomo di nome Samba, che si è guadagnato la libertà dando calci ad un
pallone!
Attilio Andriolo