LA VOCE DEI CALCIATORI E IL ROVESCIO DI SIR FOOTBALL


Dalla droga al razzismo: il lato vizioso del calcio inglese in un sondaggio.
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05/01/2013 -

 Il calcio d'Oltremanica che conosciamo è quello dei trasferimenti ad otto cifre, dei Top Player, dei club manager, dei cinque derby londinesi. Un paradiso terrestre per ogni appassionato, fatto di stadi moderni, di proprietà e soprattutto pieni. La Gran Bretagna ha incoronato Mr. Football, in virtù della ultracentenaria tradizione pallonara nata proprio nel cuore della Big Smoke ottocentesca. E' così il più popolare degli sport diventa Sir Football, conquistando il rispetto dei borghesi - che ogni domenica vanno a fargli visita, non risparmiandosi nemmeno durante la settimana di Natale - e degli stranieri, che guardano a lui con timore e riverenza. Ma cosa accade se si rivela fondato il sospetto che il baronetto rampante abbia delle macchie sotto l'impeccabile tenuta? A mostrare il rovescio sporco è oggi il magazine FourFourTwo, che ha realizzato un sondaggio riportante tutti i vizi del calcio inglese. Il campione d'indagine è stato composto da calciatori professionisti: 11 di loro militano in Premier League, 29 in Championship, 18 in League One, 31 in League Two e 11 nella Scottish Premier League, la massima divisione del calcio scozzese. Gli interpellati, in forma anonima, hanno risposto a ventisette domande riguardanti l'ambiente calcistico. Il problema riscontrato dalla maggior parte di loro è la depressione nell'ambiente professionale. Secondo il 78% molti si rifugiano nell'alcol e nelle droghe a scopo "ricreativo". La metà di essi ha rivelato che l'assunzione di stupefacenti è diffusa soprattutto nei periodi di vacanza, in cui i controlli antidoping si allentano. A volte sono proprio le società a procurare la droga: "Durante una trasferta di fine stagione il presidente ha comprato roba per tutti" dichiara un difensore scozzese. Secondo molti degli intervistati la cocaina non influenza le prestazioni sul campo; d'altra parte solo il 14% ammette l'esistenza di doping e combine.

Non solo partite e prestazioni truccate. Tra le tematiche trattate anche il comportamento professionale e privato. Un quinto degli interpellati ritiene che se un collega rivelasse la sua omosessualità verrebbe emarginato. Il 26% ammette di aver sentito insulti a sfondo razziale durante un match, in un campionato - la Premier League - nel quale il 63,9% dei calciatori non è inglese. A tal proposito, poco meno della metà considera eccessivo il numero degli stranieri nel calcio britannico.

La fedeltà alla maglia diventa un optional: il 54% non seguirebbe l'esempio di Zanetti o Del Piero, ritenendo che restare legati ad un solo club per tutta la carriera, o per la maggior parte di essa, sia roba d'altri tempi. Colpa del denaro? Il 63% ritiene che le cifre del calciomercato siano ormai fuori controllo, ma solo un quinto degli interpellati sarebbe disposto ad abbassare gli stipendi. Mentre il 70% si dichiara machiavellicamente disposto a simulare pur di ottenere un calcio di rigore.

Insomma, la schiettezza a volte può far male, ma rappresenta un'occasione per ripartire. Il quadro generale è piuttosto chiaro: troppi interessi economici, poco spirito sportivo e un disagio psichico di fondo, causato anche da un'esagerata mole di aspettative che travolge soprattutto i più giovani. Pochi semplici puntelli su cui basarsi per ripulire la giacca di Sir Football, dalla trasparenza all'educazione sportiva. Vale davvero la pena di barattare una convocazione in nazionale con un buono stipendio? Per il 51% dei calciatori sì. Allora bisogna chiedersi se davvero non sia stato travisato il senso del calcio, quello che Johan Cruijff identificava semplicemente con "la vittoria del migliore in campo, indipendentemente dalla storia, dal prestigio o dal budget". E' per questo che ci rivolgiamo a lei, Sir; per poter ritornare a questi ideali. Avanti, ci stupisca ancora. Stavolta in bene, però.

Samuel Boscarello