MAI SOLI.


Il canto poetico di uno dei più grandi campioni di calcio del Torino
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24/06/2017 -


“Sono stato del Toro, sono del Toro, sono felice di esserlo. Oggi lo rivedo in volti nuovi ed anche se sconosciuti non mi sento uno straniero tra loro. Non pongo domande, ho solo due desideri: vedere quanto prima realizzare il nuovo Filadelfia e tornare a vincere uno scudetto. Filadelfia e scudetto che sottobraccio si allontanano verso un pendio di Superga, dove troppe vite si sono fermate e sussurrano: ce la faremo”.  Aldo Agroppi.

Leggendo e rileggendo le parole scritte dall’ex campione del Torino Aldo Agroppi, si evince una passione radicata nel tempo che assume il tratto romantico di un personaggio che quasi sempre rivive i suoi trascorsi come fossero ancora vividi nel tempo. Dire :“Sono stato del Toro, sono del Toro, sono felice di esserlo” è qualcosa che va oltre il minimalismo di ogni tifoso che, orgoglioso della propria fede calcistica, spertichi ai quattro venti la propria passione. Qui, in presenza delle frasi di Aldo Agroppi, ci troviamo di fronte a qualcosa di più profondo che mette in evidenza l’incarnarsi di una storia calcistica vissuta in prima persona e che si è allineata perfettamente al significato della tragedia di Superga, “Dove troppe vite si sono fermate e sussurrano: ce la faremo”. Sì, ce la faremo a rivedere risorto il Filadelfia e a rivincere lo scudetto, dice Aldo Agroppi, interpretando il pensiero degli Invincibili del Grande Torino che vegliano da lassù. Un misto di letteratura granata che s’interseca alla speranza e s'infiltra nell’anima attraverso le radici profonde di una storia diventata poesia, romanticismo, senso di ogni cosa intraducibile che va oltre ogni deludente realtà contemporanea di un Toro che non vince più uno scudetto da troppi anni. E forse sta proprio in questo, il manifestarsi di quella dolce malinconia espressa da Agroppi, in un desiderio quasi viscerale di godere ancora una volta ciò che altri vivono sistematicamente, senza quasi più galvanizzarne il gusto della vittoria. Resta il fatto che questo “Mai soli”, scritto da uno dei più grandi campioni del Torino di tutti i tempi, sia significativo di tante, troppe cose che l’umano senso della galoppante superficialità non possa cogliere.

Salvino Cavallaro      





Salvino Cavallaro