BONIPERTI, SIMBOLO DI UN CALCIO CHE NON ESISTE PIÙ


Il calcio italiano ricorda il Presidente Onorario della Juventus.
tempo: 23ms
RSS
Torino, 18/06/2021 -

Il Presidente Onorario della Juventus Giampiero Boniperti avrebbe compiuto 93 anni il prossimo 4 luglio. Per noi che siamo addetti alla comunicazione, cadere nella retorica dei sentimenti in questi casi è molto facile. Tuttavia, come nostra abitudine, cerchiamo di onorare il ricordo della persona scomparsa con il rispetto verso l'ex calciatore, il presidente e, soprattutto, l'uomo. Sempre attento allo stile e alla cura dell'immagine all'esterno, il presidente Boniperti per lunghi anni ha rappresentato ciò che è stata la Juventus; ovvero, esempio di comportamento in campo e fuori dal rettangolo verde. Barba fatta tutti i giorni, taglio di capelli corti, cura della divisa indossata sempre con completo di giacca e cravatta con stemma della Juventus, rappresentavano un segno tangibile di chi era in predicato a vestire la maglia bianconera. Una sorta di vademecum che incarnava uno status pronto a far parte dei calciatori nel momento in cui firmavano il contratto per la Juventus.Ma attenzione a non confondere questo sistema come qualcosa di stampo dittatoriale perchè così non era, in quanto rappresentava più semplicemente un piacevole modo di ritenersi orgogliosi di essere entrati a far parte di una società di calcio che insegnava l'appartenenza e il senso di ciò che vuol dire arrivare primi per scrivere la storia. Già, da qui quella celeberrima frase di Boniperti che è rimasta il simbolo di un qualcosa scalfito sui muri juventini e che ne rappresenta l'emblema della Società: « Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta». Boniperti cominciò a giocare da centravanti e chiuse la carriera di calciatore come centrocampista. Vinse cinque scudetti e due Coppe Italia interpretando con John Charles e Omar Sivori uno dei tridenti più affascinanti di sempre. In carriera resistette alle lusinghe di trasferirsi ad altri club. Vivo il ricordo che fu del Presidente Novo del Grande Torino, il quale sollecitato da Valentino Mazzola gli propose di passare in granata, ma Boniperti ringraziò e disse: «Non posso, sono della Juve». Storie da libro cuore di un calcio lontano ormai anni luce, che è facile raccontare come fosse fiaba ai propri nipoti. Finita la carriera di calciatore, Boniperti restò nei quadri dirigenziali della Juventus e nel 1971 divenne presidente costruendo una società capace di vincere ancor più di quando egli stesso giocava. Arrivarono 9 scudetti, 2 Coppe Italia e i primi Trofei Internazionali tra cui, Coppa dei Campioni, Coppa Uefa, Supercoppa e Coppa delle Coppe. Il suo modo di gestire la presidenza della Juventus è stato un esempio per capacità di sapere curare gli interessi della società senza tralasciare quelli dei suoi calciatori. Ragazzi che amava anche nella vita privata e che sapeva trattare con cura e sensibilità, anche pungolandoli nell'orgoglio quando era il caso di farlo per il loro bene. Signorilità, eleganza e gloria, tre aspetti che Boniperti seppe riscontrare in Carlo Parola, ex calciatore e allenatore della Juventus, e in tanti altri che hanno saputo sposare il suo stesso idem sentire nell'orgoglio di appartenere alla Juventus. Oggi il tributo all'ex presidente della Juventus viene da tanti calciatori come Brio, il quale dice: «Se sono diventato calciatore lo devo a Boniperti» - oppure Alessandro Del Piero:«Lui è la Juventus» - o Tapattoni:«Un padre» - o Beppe Furino: «Nelle persone apprezzava soprattutto le qualità morali e il coraggio del sacrificio». Insomma, l'avevamo detto fin all'inizio che personaggi di tale spessore non fanno altro che portarci al sottile pensiero del distinguo di un calcio che trascina verso quei sentimenti non più realisticamente comprensibili. E intanto la storia continua, ma chi l'ha scritta prima come Giampiero Boniperti, resterà per sempre immortale.

Salvino Cavallaro