IL PALLONE CON LA FACCIA DA VIRUS


Il mondo del calcio si ferma e riflette.
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Torino, 17/03/2020 -


E’ rivoluzione a livello mondiale. Si spostano di un anno gli europei di calcio 2020, è probabile che anche le Olimpiadi del Giappone siano rimandate, i vari campionati di Lega si fermano per riprendere in data da destinarsi e gli allenamenti di tutte le società professionistiche e non, decidono forzatamente lo stop. Un’apocalisse del pallone e non solo, perché anche altri sport si sono fermati per non incorrere ancora al rischio di essere infettati dal Covid 19. Così c’è chi si allena tra le proprie mura domestiche e c’è anche chi raccoglie fondi e si adopera per opere di beneficenza verso i vari ospedali d’Italia che sono sull’orlo della crisi a causa della mancanza di posti letto in reparto e soprattutto in rianimazione, il luogo più consistente di carenze a causa dei numerosissimi casi gravi per coronavirus. Berlusconi devolve 10 milioni di euro alla Regione Lombardia, Buffon fa un appello di raccolta fondi per il Piemonte, Lorenzo Insigne per Napoli e la Campania, Francesco Totti per la città di Roma, De Rossi e sua moglie si sono attivati per donare sangue, il Torino calcio e la Juventus sono anch’essi partecipi all’aiuto in denaro, e tanti altri benefattori si sono messi a disposizione in un momento di particolare difficoltà per questa nostra Italia così colpita dalla virulenza di un ospite subdolo, malvagio, silente, penetrante, quanto inatteso nel suo maligno dilagare. E’ il pallone che assume la faccia da virus, che mette tutti a tacere per paura della sua forza estrema capace di disorientare anche i potenti manovratori di un mondo che produce soldi a palate. E così scopriamo che mai come adesso i calciatori seppur privilegiati, sono molto simili a noi che non godiamo degli stessi benefici perché siamo portatori di difficoltà quotidiane, capaci di manifestarsi tra numerosi momenti di crisi economica. Ma c’è l’umano che unisce, che non fa distinguo tra ricchi e poveri ma si compenetra nel pensiero di aiutare chi sta peggio. E in questo momento chi sta peggio è tutta l’Italia con la sua difficoltà di vivere, perché è impegnata a salvare il salvabile dopo aver contato le migliaia di morti uccise dall’inesorabile virus. Una partita per la vita che non dura solo 95 minuti come quella del pallone, ma ne richiede molti di più in un indefinibile tempo che appare ancora troppo lungo per ritornare a vivere nella normalità. E’ il pallone della vita che s’inceppa maledettamente, ma che ci fa anche scoprire lati nuovi di quell’umano pensiero che fino ad oggi ha creato un netto solco divisorio tra il lusso sfrenato dei privilegiati calciatori e l’altra parte di popolo che li sostiene per passione, ma che a conti fatti si è trovato sempre da solo. Ecco, forse adesso, dopo questa esperienza che ci accomuna tutti, possiamo pensare ideologicamente a un mondo meno egoista e più unito concretamente e non a parole nello sguardo verso chi ha più bisogno, ma che in modo adrenalinico si bea sempre delle gesta dei propri campioni. Per arrivare a tutto questo, ci voleva la sofferenza umana portata all’eccesso dall’epidemia del coronavirus?

Salvino Cavallaro

Salvino Cavallaro