QUANDO IL CALCIO RACCONTA LA SUA VERA ESSENZA


E` la storia di Ubaldo Alessandrini Gentili, un osservatore di calcio molto legato al Toro.
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Torino, 09/09/2017 -


Ci sono storie e personaggi che nella vita vale sempre la pena di raccontare. Nel nostro mestiere di cronisti, capita spesso di intervistare personaggi noti al grande pubblico e di trarre di conseguenza, una particolare attenzione mediatica che è frutto di legittima curiosità. Ma nel nostro percorso professionale, si verificano a volte degli incontri con persone meno conosciute, capaci di attrarti nel racconto del proprio vissuto umano e professionale che stuzzica subito l’interesse nel riferire fatti e parole che suscitano emozioni. Sono storie che non puoi sminuire, che non puoi minimizzare, perché si infiltrano tra le pieghe dell’anima di un calcio che, nonostante tutte le sue grandi contraddizioni, resta sempre qualcosa che coinvolge la persona in quanto tale. E’ il racconto di Ubaldo Alessandrini Gentili, marchigiano doc  di Porto Sant’Elpidio, che ricorda ai nostri microfoni quel suo passato di osservatore e scopritore di giovani talenti. “Ho iniziato a fare l’osservatore di calcio con la Sanbenedettese, quando era in Serie B ed era allenata da Domenghini”, dice Ubaldo Alessandrini Gentili, con fierezza e un po’ di romantica tristezza per il tempo che è fuggito via inesorabile. “Ricordo che ho cominciato a visionare le squadre che poi avrebbe incontrato la Sanbenedettese. Per due anni ho relazionato Domenghini sulle caratteristiche tecniche e tattiche degli avversari. Per me è stata una grande palestra di vita e di calcio, tale da preparare quello che poi sarebbe stato il mio futuro nel mondo del pallone che conta”. Si fa interessante il racconto di Ubaldo, anche per l’emozione che traspare evidente dalla sua voce che cerca di ricostruire attimi, sensazioni, pensieri che restano indelebili nella sua anima. “Intanto, nel mio paese d’origine che è Sant’Elpidio, in quel periodo venne in ritiro il Torino per affrontare l’Ascoli nel campionato di Serie A. Ricordo che il Direttore Sportivo di allora, che era Federico Bonetto, mi disse di avere bisogno di un osservatore  di calcio che relazionasse il Torino sui giocatori ed eventuali talenti esistenti in Abruzzo, nelle Marche e in centro Italia. Dopo la mia immediata ed entusiasta adesione, mi disse che mi avrebbe dato la conferma dopo aver parlato con Mirko Ferretti. E fu così che, dopo avere avuto la conferma ufficiale da parte del Toro ho organizzato dalle mie parti un meeting con ragazzi di una certa fascia di età, cui hanno partecipato anche Ferretti e Beppe Zanelli, che è stato suo collaboratore. Ricordo che i due tecnici hanno selezionato due ragazzi di promettenti qualità calcistiche e li hanno portati subito a Torino. Da quel momento il Toro mi ha dato fiducia, ed ha voluto che io andassi nella città piemontese per conoscere l’avvocato Cozzolino e Angelo Zambruni, storico segretario del settore giovanile del club granata. Con loro ho lavorato per dieci anni di seguito con proficui risultati, mentre cominciavo a vedere anche partite di Serie B e C per scoprire ragazzi che avrebbero potuto servire al Torino”. E nel frattempo ti accorgi che il racconto di questo romantico osservatore del Toro si fa sempre più interessante e realizzi che ogni attimo, ogni momento vissuto, è narrato con il beneficio della precisione cronologica dei fatti avvenuti. Un misto di cuore e sentimento che si lega ad una razionalità che inorgoglisce e fa gonfiare il petto per le antiche soddisfazioni. “A Torino c’è da sempre un dirimpettaio che a livello economico è stato più forte della società granata” - chiaro riferimento di Ubaldo, a una Juventus dal grande potere economico – “ Tuttavia, noi del Toro cercavamo di aggirare l’ostacolo cercando di arrivare prima degli altri, nell’acquisire i promettenti calciatori a costi nettamente inferiori. Noi non avevamo tanta disponibilità e quindi dovevamo agire con furbizia e anche prontezza assoluta. Ricordo che in breve tempo sono diventato uno dei collaboratori di punta del Torino di allora, che mi fece firmare un contratto di assoluta soddisfazione economica. Ma la cosa che mi fece più piacere fu il mio entrare anima e corpo nella magica storia granata, unica e irripetibile. Per me fu un onore, fu la magia che il destino della mia vita mi ha riservato. Al Toro ho portato calciatori che poi hanno giocato anche in Nazionale, in Serie A, B e C, come Giulio Falcone, Di Donato, Possanzini, Delli Carri, Fasciani e altri. Intanto al Torino cambiavano i personaggi al vertice, tuttavia, ricordo di essere rimasto sempre al mio posto grazie alla garanzia personale di un lavoro fatto sempre con rettitudine, senso di appartenenza e serietà. Ho avuto grandi gratificazioni anche da Moggi, Zaccarelli, Sandro Mazzola, con i quali ho collaborato. Questo posso dirlo con molto orgoglio. E come posso dimenticare quell’antica sede del Torino che si trovava in Corso Vittorio. Tu entravi, salivi le scale e venivi avvolto da emozioni irripetibili, così vigorosi da farti battere forte il cuore. Era l’umanità che si caratterizzava palpabile in granata, in un Toro che ancora oggi conserva le sue caratteristiche di società di calcio la cui cultura e quell’intendere storico restano ancorati e fedeli alle proprie radici. Senza retorica, dico che Superga è il simbolo di una storia e di sentimenti forti capaci di emozionarti. Certe cose vanno al di là di tutto, per questo sono molto orgoglioso di avere fatto parte di una società unica che mi ha fatto crescere sotto il profilo umano e professionale. Grazie Toro! ”. Questa è la bellissima storia di Ubaldo Alessandrini Gentili, un osservatore che ha fatto del calcio l’essenza della sua vita. Emozioni ed esperienze che sono valse anche a farci riflettere su un mondo del pallone che è totalmente cambiato, ma che resta pur sempre qualcosa capace di mettere al centro il senso del bene che si contrappone sempre al male. E non è la storia della vita?

Salvino Cavallaro                   

Salvino Cavallaro